“Avere casa è, Natale è”
Nella notte di Natale, il gruppo giovanissimi di Povolaro ha animato un breve momento di silenzio, ascolto e meditazione personale sul tema “Natale è, avere casa è”. Una tradizione che ogni anno permette a noi giovani di stimolare la comunità su aspetti nuovi e diversi, talvolta anche un po’ scomodi proprio perché pensati con l’idea di smuoverci dal nostro “essere cristiani apparenti e non autentici!”.
Eccovi allora un breve video che racchiude la veglia realizzata nella parrocchia di Povolaro e riproposta anche nelle altre comunità della nostra UP…vi lasciamo a memoria anche il testo di questa veglia, donato a tutti i partecipanti proprio perché possa diventare una lettera da leggere e condividere, da trasmettere ad altri e non da lasciare consumare semplicemente dal tempo dentro ad un cassetto!
Dicembre è stato un mese davvero impegnativo: tra regali da scegliere e addobbi da allestire non ho avuto respiro. Ogni anno, a Natale, alle 12.30 la mia casa si riempie di persone, musiche, cibo, addobbi, cibo, regali e…. cibo!
Mi presento: sono Rosita, ho 55 anni e vivo … a casa mia, ovviamente. Già, casa mia. Proprio oggi la guardo e…sento una strana sensazione! La casa è satura della tipica atmosfera natalizia da film, ma io mi sento lontana.
Improvvisamente mi sento come una pallina di vetro, di quelle che se le scuoti cade la neve. Il paesaggio innevato ce l’hai, hai il pupazzo di neve carino posizionato, giri la palla aspettandoti candidi fiocchi volteggiare lenti dentro la sfera, ma la neve non c’è, non cade! Mi manca qualcosa. Tutti parlano ma io non sento più niente. Come se una tenda trasparente mi separasse dal resto della sala: sono lì, ma non mi sento lì. È questo il posto che chiamo casa? Se il Natale è casa, che cos’è casa per me?
Avere casa è avere TETTO, perché senza tetto non c’è casa. Casa è avere un tetto di legno, di tegole, cocci o di paglia. Avere casa è avere un tetto che ci ripari dal freddo e dalla pioggia, che ci protegga dalle paure e ci faccia sentire sicuri. Ma basta? È sufficiente? Perché io il tetto ce l’ho ma forse preferirei poter guardare stelle vere invece che questo ammasso di lucette, preferirei di gran lunga camminare con me stessa sotto la coperta del cielo, anziché stare qui, seduta, tutta stretta tra queste domande inutili, superficiali. Non è il tetto a fare la casa, mi sbagliavo, questo è poco ma sicuro. Io del tetto, pur avendolo, non me ne faccio nulla. Ma allora cos’è CASA? Guardo i miei nipotini seduti a capotavola e ripenso a quanto mi rendeva euforica il Natale da piccina.
Avere casa è avere SOFFITTA, una stanza piena di ricordi, la stanza delle nostre radici, delle nostre fondamenta. Sì, perché la soffitta si trova sottotetto solo perché se fosse sottoterra, come le fondamenta, tutti si dimenticherebbero di lei. Ma è grazie alla soffitta, al contenuto dei suoi scatoloni impolveriti che il tetto sta in piedi, resiste e può proteggerci, perché là sono raccolti, come in un album di foto, i momenti faticosi e quelli gioiosi, il nostro percorso. Ma la soffitta è il luogo dei momenti passati, dei ricordi, dei “mi sentivo bene”. Tempo passato. Oggi non più.
E se fosse la tavola?… Ma sì, la TAVOLA! Anni fa avrei affermato subito che la tavola fosse il centro della casa! Tutto risultava così poetico perché, come si suol dire…. Un tacchino mette tutti d’accordo. Casa Rosita, cibo caldo sano e genuino, scalda la pancia e ti spunta subito un sorrisino!
Troppo spesso, però, ci si dimentica che non è tutto oro quel che luccica, nessuno si è mai accorto dei miei malumori, delle mie fatiche, nessuno che mi abbia mai fatto una domanda sincera: Come stai? La tavola è il luogo dell’apparenza, non dell’essenza. Sento solo resoconti pavoneggianti e nessuna parola sincera.
Ah la CAMERA, il silenzio, la morbidezza del materasso. Uno spazio comodo dove poter riposare il corpo e ristorare la mente. Nella mia mia testa, sfocata, inizio ad intravedere la sagoma di una donna, esattamente come me. Io mi avvicino e lei si avvicina, io muovo la mano destra e lei la sinistra, aveva il mio stesso identico rossetto. Occhi vulnerabili e fragili, stanchi di giornate frenetiche e relazioni sfuggenti. Mi avvicino ancora a quella figura. Allungo il braccio e tendo la mano, voglio conoscerla e toccarla ma qualcosa mi blocca. Una lamina di vetro. Mi riconosco, sono io l’essere imperfetto e perfettibile riflesso sullo SPECCHIO.
Ora so che CASA sono proprio i legami, quei fili rossi che ci collegano, si attorcigliano su di me e poi su di te. FILI che segnano un percorso, il nostro, e ci aiutano a ritrovare la strada di casa, quando ci perdiamo. Perdersi serve, perché perdendoci ritroviamo il filo e accarezzando il suo lungo perimetro riusciamo ad incrociare di nuovo le MANI di chi ci vuole bene, che sono casa. Perché se natale è avere casa, allora casa è avere mani da curare, mani per curare, mani per accompagnare, mani per amare. È solo così che la cucina da centro diventa cuore della casa, il suo profumo diventa la sua melodia, il suo calore la sua atmosfera, la sua tavola condivisione trasparente. È solo così che la porta d’ingresso diventa un campanello a cui poter sempre suonare col sorriso sulle labbra e il cuore saltellante, è solo così che la casa diventa il posto sicuro a cui chiunque, io per primo, posso sempre tornare. Ed è solo così che la camera diventa il posto in cui dimenticarsi le proprie fragilità e poter far vivere teneramente l’amore fino alle ultime ore del giorno: rimboccando le coperte al proprio figlio, dando il bacio della buona notte ai propri genitori o abbracciando la propria moglie e il proprio marito. È solo così che le relazioni sfuggenti diventano autentiche, agganciandosi al filo e ad altre mani, le vere decorazioni del Natele.
Del resto è bastato poco anche a Gesù: il tetto di una stalla e il calore di una mamma e di un papà che hanno riempito una casa vuota ed essenziale con l’essenziale: l’amore. Perché è solo così che la casa si riempie davvero, con l’amore. E allora lo voglio gridare questo amore, perché è lì che mi sento a casa:
Un posto che tengo nascosto per te
Un posto che sta qui da sempre
C’era già prima di me e c’è ancora
Si apre per noi eternamente ora!