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La massiccia presenza longobarda all’origine di S.Maria e S.Fosca
Dueville in epoca romana era solcata da varie strade, fra cui la più importante era la via dell’Astagus, che attraversava tutto il territorio comunale e congiungeva Vicenza con Breganze. Da qui un’appassionante ipotesi sul nome d’origine della città. “Villa” in latino significa casa di campagna ma anche azienda agricola. Secondo quest’etimologia, Dueville “Villa de Duabus Villis“, era il punto d’incontro e quindi di confluenza commerciale di due grandi estensioni di terreno bonificato.
L’esistenza di più aree sepolcrali a Dueville testimonia la presenza, in passato, di un insediamento longobardo importante come per altro indicano i toponimi longobardi quali S.Fosca, S.M.Etiopissa, S.Michele, che danno l’idea di quanto potesse essere esteso lo stanziamento longobardo.
Le origini della pieve di Sancta Maria de duabus villis si colloca dunque con sicurezza in epoca longobarda. La scoperta di una necropoli longobarda nel territorio richiama spontaneamente l’idea di “fare”, ossia di un insediamento stabilito a controllo e a protezione delle pievi e dei centri abitati. Ne seguirebbe allora che il titolo Santa Fosca, unito solo più tardi alla pieve Santa Maria, si riferirebbe ad una villa distinta della pieve.
A Dueville i longobardi si sono spesso, sorprendentemente, insediati vicini ai centri abitati della popolazione autoctona. Probabilmente, questo duplice insediamento, veneto-romano e successivamente longobardo, alquanto vicini, ma distinti, possono spiegare il toponimo Due-Ville.
Nel 1107 Santa Fosca, unitamente a Santa Maria Etiopissa – attualmente soggetta alla parrocchia di Polegge – e a Santa Perpetua, fu donata dai conti di Vivaro al monastero benedettino di Pomposa. Forse in seguito a tale donazione Santa Fosca cessò di essere una parrocchia autonoma. Si spiega così anche il riferimento delle Rationes decimarum (1297-1303) a Pace, arciprete delle “Due-Ville”, unione alla quale accenna anche una vicina del 31 agosto 1488.
La chiesa di Santa Fosca fu più volte restaurata e abbellita, certamente nel 1488 e nel 1697, e continuò a funzionare da succursale a Santa Maria. Lo sviluppo economico e demografico della cittadina di Dueville si accentuò nell’800, con l’inserimento di attività industriali. Questa fatto rese necessaria la costruzione ex novo della chiesa parrocchiale: iniziata con la benedizione della prima pietra del 23 giugno 1929, fu consacrata il 17 settembre 1955.
Fonte “La Voce dei Berici”
UNO SGUARDO ARTISTICO ALLA CHIESA
Al centro di Dueville, quasi fungesse da fulcro radiale per la comunità, si erge “ardita e solida” – per citare una pubblicazione relativa alla consacrazione – la chiesa progettata da Vincenzo Bonato. L’edificio religioso vuole rimembrare le linee dell’architettura neoromanica ponendo una schema ormai superato alla metà del ‘900.
Il prospetto, a salienti con protiro e rosone, rivela, tuttavia, una certa vitalità soprattutto nel contrasto dei mattoni rossi del registro superiore e della pietra bianca che va ad impreziosire il registro inferiore e a coronare le membrature dei portali d’ingresso.
L’interno, a tre navate con abside semicircolare, è adornato da squillanti affreschi del pittore veronese Agostino Pegrassi realizzati tra il 1945 e il 1947. I brani pittorici raffigurano l’Incoronazione di Maria, nel catino absidale, la Madonna tra le sante Caterina da Siena e Teresa d’Avila, nell’altare laterale dedicato alla Madonna, e, infine, il Battesimo di Cristo, nella cappella laterale adibita a battistero. Pegrassi ha lavorato prevalentemente nel veronese, ma soddisfazioni non mancano anche nel Vicentino dove lavora per le chiese di Almisano, Campedello, Trissino, Sandrigo, nonché Dueville.
Ad affiancarlo nel compito di ornare la chiesa troviamo Egidio Caldana, scultore della prima metà del ‘900, che per la chiesa di Dueville realizzò la scultura in pietra bianca raffigurante la Pietà in cui vi si riconoscono tipici caratteri della sua poetica: fluidità di cadenze, scioltezza, linearità e controllato patetismo, qui accentuato dallo sguardo sofferente della Vergine e dalla mano tesa ad accarezzare il Figlio. Merita una voce l’unico dipinto rintracciabile in parrocchia antecedente all’erezione della nuova chiesa. Si tratta di una piccola tela, oggi custodita in canonica, ascrivibile al XIX secolo, effigiante S.Pietro in contemplazione. Il Principe degli apostoli è rappresentato con lo sguardo volto verso l’alto, una mano al petto mentre l’altra sorregge il Vangelo aperto, appoggiate sulle ginocchia si intravedono le chiavi, attributo iconografico del santo.
Fonte “La Voce dei Berici”
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