#10MINUTIDADIO: LA DOMENICA DEL CORPUS DOMINI IN TRACCE PER TUTTE LE ETA’
Dal vangelo secondo Giovanni (6,51-58)
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Fra le tante domande che pongono i giovani, ce n’è una che ritorna spesso: “perché andare a Messa la Domenica”?
A volte è posta da un ragazzo “costretto” a seguire la volontà dei suoi genitori.
Oppure è fatta da uno che vede i cristiani “da fuori”, da lontano.
Altre volte da chi vi partecipa per abitudine e non ha ancora una motivazione convincente.
Forse ce la siamo chiesta pure noi: “che senso ha? A che serve?”.
«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui», disse Gesù.
Andare a Messa non è ricevere un tozzo di pane, nemmeno ascoltare una (si spera) buona parola detta da chi presiede, oppure timbrare il cartellino dell’adempiuto precetto festivo. Sarebbe tristissimo ridurlo a questo, perché manco ti sfiora la vita.
Mi illuminano invece le parole di papa Francesco, che disse come l’Eucarestia è questione di «rimanere: Gesù in noi e noi in Gesù. La comunione è assimilazione: mangiando Lui, diventiamo come Lui. Ma questo richiede il nostro “sì”, la nostra adesione di fede».
L’Eucarestia non è un pane morto, ma un pane vivo, spezzato e donato: è il desiderio di nutrirsi della carne e del sangue di Gesù, cioè della sua concreta umanità: delle sue parole, delle sue scelte, dei suoi sentimenti, dei suoi gusti, delle sue preferenze, del suo stile di vita. Ecco il nostro cibo: la sua umanità concreta, che attraverso l’Eucarestia noi riceviamo e assimiliamo in noi come cibo.
Forse qualcuno ora potrebbe esplodere in una risata: “ma dai, credi ancora a questi romanticismi?”. “Svegliati prete! Guardati attorno! I cristiani sono i primi a far fatica ad amare come Gesù, ad agire secondo i suoi criteri… loro fanno come tutti…”.
È vero, dobbiamo svegliarci. L’Eucarestia non è un pane “magico” per “me”, un qualcosa che cambia il mio cuoricino, che mi mette un’aureola, che mi immunizza dal male. In un mondo a volte individualista, c’è il rischio che anche la Messa si riduca a individualismo… che la condivisione sia un optional.
Perché andare a Messa? Non soltanto per diventare pane “buono”, ma pane “spezzato”. Un pane che si dona, che dà la vita, che dà sapore, «così anche colui che mangia me vivrà per me».